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Il Dono di Nyx

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La notte era appena calata nel villaggio, l’unico della piccola isola, ma già da tempo nessuno era più all’aperto. La notte con la sua oscurità faceva da tempo paura a tutti gli uomini e le donne del villaggio che si rinchiudevano in casa prima del suo calare. Nell’oscurità i nemici che potevano approdare senza essere scoperti, gli animali selvaggi e ogni sorta di pericoli erano invisibili, ti colpivano all’improvviso … e a poco servivano i rari fuochi lasciati accesi come per evocare un senso di sicurezza, di protezione.  Come spesso accade era una notte cupa e tetra, la luna e le stelle offuscate allo sguardo da una spessa coltre di nubi.

Solo un vecchio sedeva tranquillamente all’esterno del palazzo del re, vicino ad una piccola porta, incurante dell’oscurità e della solitudine che lo circondava. Dall’interno della reggia una voce dapprima flebile poi sempre più decisa lo chiamava …

“Nonno … nonno … NONNO !”

Il vecchio Autolico si alzò sospirando, era suo nipote di cinque anni che lo chiamava, entrò nella dimora con movimenti lenti e misurati, chiudendo infine la porta alle sue spalle.

“Cosa c’è nipote ?”

“Stai con me nonno … ho paura …”

“Non vedo nulla di cui aver paura nipote …”

“E’ buio nonno … ho paura … tutti hanno paura quando fa buio, anche mio padre ne ha …”

“Tuo padre è il re, ma è uno stolto ! Si rinchiude come un animale impaurito tra queste mura, chi mai dei suoi sudditi  potrà seguirlo in battaglia, avere fiducia in lui ?”

“Ma è buio nonno … tutti ne hanno paura … solo tu non ne hai … non temi forse il Dio Erebo ?”

“Lo temo, come da temere sono tutti gli Dei … ma non ne ho paura ! Alcuni di loro sono benevoli e aiutano noi uomini anche nei momenti peggiori. Aiutano i giusti, i coraggiosi … aiutano coloro che vivono a testa alta anche di fronte a loro.”

“Ma al buio …”

“Non devi aver paura nel buio, anche nell’oscurità c’è chi ti può guidare se il tuo cuore sarà saldo … tu non conosci la Dea Nyx ?”

Nyx è la Notte … la Dea della notte. La notte è sempre stata amica, importante per gli uomini. Cosa potremmo fare senza la notte ? La notte è il riposo dal duro lavoro, è il sollievo dal sole cocente. La terra non darebbe i suoi frutti senza la notte, il raccolto sarebbe inesorabilmente bruciato dal sole. La notte è l’occasione di ritrovarci con i nostri cari, per condividere le esperienze della giornata con gli amici. Nyx è la Dea che ci culla tra le sue amorevoli braccia, ci permette con il sonno ristoratore di avere sogni. Nyx è splendida come la notte di un tempo … le stelle, di giorno, formano i suoi diademi … Nyx di notte le manda a noi per guidarci. I suoi lunghi capelli danno il colore blu al cielo notturno e la Luna è al culmine del suo scettro.

Ma Nyx non è il solo Dio che governa la notte … suo fratello, il potente Erebo, Dio della notte degli inferi, disprezza gli uomini nella sua superiorità e gode della loro sofferenza. Erebo molti anni orsono prese di mira la nostra isola perché qui gli uomini prosperavano, vivendo liberi e felici dei frutti del loro lavoro. Erebo trasformò la nostra splendida notte nella notte degli inferi, buia, oscura, senza luna ne stelle, perennemente oscurate da una coltre di nubi. Gli uomini ebbero paura  e si richiusero tra le loro fragili mura. La nostra isola fu assalita e depredata dai nemici, senza le stelle molte delle nostre navi e molti degli uomini migliori andarono perduti in mare e ora tutti hanno paura di navigare, la nostra isola sta morendo.

Nyx però affrontò suo fratello in nostra difesa … ma lei non è così potente da sconfiggerlo, da imporre la sua benevolenza nei nostri confronti. Nemmeno Erebo però è abbastanza potente per impedire a Nyx di aiutarci. Nyx ci ha fatto un dono. Tutti gli uomini dell’isola che sono giusti e generosi, tutti quelli che hanno coraggio e vogliono usare il proprio ingegno per aiutare gli indifesi, riescono sempre a scorgere una stella, un barlume della luna attraverso la coltre di nubi infranta da Nyx. Quando tutti gli uomini dell’isola, a partire dal re, non avranno paura della notte, Erebo sarà sconfitto e torneremo a prosperare.

“Tutto tornerà come quando tu eri Re nonno”

“Si, se gli uomini non avranno più paura”

“Io voglio non aver paura come te nonno”

“Allora vieni fuori che ti mostro una cosa”

Il bambino uscì titubante dalla reggia paterna stringendo forte la mano del nonno.

“Vedi nipote, se guardi bene il cielo, senza paura … vedrai qualche apertura, una stella … un segno di Nyx che ti guida …”

“E’ vero nonno !!! Là … una stella … un’altra e là … là … quella deve essere la Luna … non avevo mai visto la Luna !!!”

La gioia del bambino era immensa, tanto grande da disperdere ogni timore come la nebbia alla brezza del mattino. Per molte ore rimase nel buio della notte, non più così spaventoso, ad ascoltare il nonno ed i suoi racconti. Autolico decise infine che era giunta l’ora di far riposare il piccolo e lo portò in braccio nel suo giaciglio.

“Ora dormi nipote, tu sei destinato ad essere re e non devi avere paura … mai”

“Nyx sarà la mia guida ! Non avrò mai più paura nonno !!!”

“Ti credo … Sarai un re coraggioso e forte. Ma ricorda, la forza ed il coraggio non sempre portano alla saggezza. Dovrai usare tutto il tuo ingegno, la tua intelligenza, tutta la tua umanità per capire quando usare la forza o la parola, per capire cosa è giusto per i tuoi sudditi.”

“Io sarò così nonno !!!”

“Lo so … ora dormi, Ulisse”

storia di Gianluca Bia.
Grazie per la collaborazione ^_^

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La prima volta che Arturo Pedretti  arrivò al lago di Antrona rimase immediatamente colpito dalla bellezza del luogo, dalla quiete irreale che vi regnava, ma senza quasi accorgersi della lussureggiante vegetazione, molto più rigogliosa che nelle zone vicine.

Era un giornalista scientifico piuttosto famoso, una firma eccellente di alcune riviste internazionali. Era molto soddisfatto della sua carriera, recentemente era stato ospite di Quark, un vero onore per lui che ammirava Piero Angela e lo riteneva un maestro del giornalismo scientifico. Famose in particolare erano le sue indagini per smascherare falsi maghi e guaritori, cartomanti ed indovini, era nemico di tutti i millantatori. Quello che più riteneva abbietto nel genere umano era la capacità di certi individui di approfittare dell'ingenuità altrui, specialmente nelle difficoltà o nella malattia.

Erano diversi anni che voleva visitare il lago di Antrona , si sentiva attratto da quel luogo. Il lago si formò nel 1642 a causa di una devastante frana che inghiottì un intero villaggio provocando molte vittime. Ovvio che nel luogo teatro di una tale tragedia ci fossero  voci di apparizioni, di un fantasma che viveva sul lago. La stranezza è che nessuno ricorda voci antecedenti ad una cinquantina di anni fa, sicuramente inventate goliardicamente, una storia di poca importanza,  una piccola leggenda locale. Sempre preso da storie più importanti aveva rimandato la visita ad Antrona fino a quel giorno. Ora, che sentiva il bisogno di fare qualche giorno di vacanza, senza motivo aveva  pensato alla storia del fantasma. Un buon modo di unire l'utile al dilettevole.

Quella prima visita sul lago fu infatti  una giornata di relax. Una bella mattinata d'estate, soleggiata e calda,  con una piacevole brezza che pareva accarezzare il viso. Come sua abitudine fece un giro della zona a piedi, osservando ogni dettaglio. Poi rimase seduto a lungo, appoggiato ad un masso, sbrigando la posta con il suo fido portatile, un'occhiata alle notizie e consumando il pranzo che si era portato nello zaino. Come di abitudine non lasciò traccia del suo passaggio, era molto attento al rispetto per la natura. Scarti e avanzi trovarono posto in un sacchetto riposto ancora nello zaino. Durante il suo giro a piedi aveva anche raccolto qualche lattina e bottiglietta abbandonata dai soliti maleducati. Anche questa era una sua abitudine. Un'altra sua abitudine era quella di scattare qualche fotografia della zona che visitava per le sue indagini o per i suoi articoli, anche stavolta scattò con metodo alcune foto. Nel rientrare si fermò in alcuni bar sulla strada e, con la scusa della consumazione, chiese informazioni sul fantasma ai baristi e agli avventori. Niente di particolare ... mi hanno detto ...  mio nonno andando a funghi ha visto una ragazza bionda ... dicono che si vede un riflesso sull’acqua ... niente di particolare.

Aveva preso una stanza in un albergo di Intra. A cena, godendosi il paesaggio del lago Maggiore, già pensava di anticipare il rientro ... si sentiva già pronto per ricominciare il lavoro, non c'era nulla da smascherare da quelle parti! Ma era un metodico, quindi non poteva tralasciare di scrivere un piccolo report sulla giornata e scaricare le foto da inserire nella cartella "Fantasma di Antrona".  Poche righe per liquidare il caso, nessun mistero, nessuna mistificazione, solo una simpatica leggenda locale nata per chissà quale caso ... Quattro foto per definire il luogo, questa va bene, questa no, questa è orrenda, cancellare, questa ... Questa foto. Vide un'ombra sullo schermo, una  vaga trasparenza che attirò la sua attenzione. Incuriosito passò la foto attraverso i suoi strumenti di elaborazione grafica: quanti fotomontaggi aveva scoperto con la sua tecnica ! Ma stavolta sembrava diverso ... contrariamente a tutte le altre volte quello che appariva sembrava nascosto, non messo lì per essere visto. Dopo pochi minuti di elaborazione quello che vedeva sul suo monitor era sorprendente: una figura femminile, lunghi capelli biondi, un abito leggero di veli e ricolmo di fregi, indefinita, translucida, nessun segno di fotomontaggio. La sorpresa si stava trasformando rapidamente in un vago sgomento: lui aveva fatto quella foto, era solo, nessuno poteva aver manomesso i suoi files ! Guardò con frenesia crescente le altre fotografie ... una ... niente, due ... niente, in tutte niente ! Ma un momento !!! Ricordò la fotografia cancellata, non aveva ancora vuotato il cestino, la recuperò e la osservo attentamente. Una immagine della superficie del lago sfocata al centro ... ma come possibile una sfocatura del genere solo al centro ?  Subito rielaborò la fotografia con la stessa tecnica della precedente e stavolta non fu sorpresa, fu sconvolgente. Un volto bellissimo si riconosceva chiaramente in trasparenza, gli stessi capelli biondi, un diadema antico sulla fronte, occhi profondissimi e cangianti, una espressione triste. E una mano, una mano che sembrava tesa verso di lui. Scioccato è il termine che descriveva alla perfezione il suo stato d'animo. Cosa stava vedendo nelle fotografie da lui stesso scattate poche ore prima ?

Istintivamente uscì dall'albergo e con l'auto partì verso il lago, trascurando di portare con sé zaino e ogni attrezzatura, nemmeno una torcia elettrica, solo lo smartphone nel taschino della camicia. Percorse il tragitto velocemente, senza sapere cosa stava andando a cercare. Erano ormai quasi le dieci quando ad un chilometro circa prima del lago fermò l'auto e proseguì a piedi. Ma cosa sto facendo ? Perché mi muovo a piedi al buio ? Ma cosa credo di trovare ? Questi i suoi pensieri mentre ormai stava raggiungendo le rive del lago. La luna era quasi piena quella notte e quindi la sua luce gli permetteva di muoversi facilmente, fece un largo giro, esattamente come quella mattina. Niente. Niente di niente. Anche se ancora confuso si sentiva sollevato, sorrideva tra se e di se stesso, quasi svuotato da quell'esperienza : proprio io credevo di aver visto il fantasma ? Si sedette a terra, appoggiato ad un grosso masso di fronte al lago, un po' per riordinare le idee, un po' per riposare un poco. Si assopì cullato dalla quiete del lago.

Aprì gli occhi di scatto. Era li di fronte a lui, la ragazza delle fotografie ! Lo stesso volto incredibilmente bello e triste, con le guance segnate da lacrime scintillanti. Era chinata su di lui ad osservarlo, visibile, reale. Lei gridò. Un grido dirompente che gli scosse il cervello, acuto e assordante. Lei si alzò di scatto e fuggì correndo verso il folto della vegetazione. Arturo si alzò e corse a sua volta "Fermati" gridò. Si vantava di essere sempre in forma smagliante ma la ragazza sembrava volare sfiorando il terreno e non riusciva a tenere il suo passo.  Si muoveva tra la fitta vegetazione con un'agilità sorprendente nonostante l'abito lungo e i piedi nudi. Tentò di tagliarle la strada ma lei saltò semplicemente da una roccia ad un'altra ... un balzo che lui non sarebbe mai stato in grado di fare.  Aggirò quindi le rocce e quando arrivò dall'altra parte lei era sparita nell'oscurità. Un po' scioccato, ma sollevato dall'incontro decisamente "reale" si trovava ora nel suo campo, quello della ragione. Non poteva essere lontana, probabilmente si era nascosta. Iniziò un giro di ricerca, fermandosi ogni pochi passi, scrutando attentamente nel buio e ascoltando ogni minimo rumore. Ma non riusciva a trovarla. Stava per tornare sui suoi passi deluso, quando impigliato ad un ceppo scheggiato vide un piccolo lembo di tessuto, lo prese tra le dita, era sicuramente un pezzo dei veli della veste della ragazza !!! Allora decise di cambiare strategia e gridò "Ragazza, fatti vedere, lo so che sei ancora qui !!!" e poi "Forza ! Vieni fuori ! " e ancora "Per favore, fatti vedere, non voglio farti del male ..." Il silenzio regnava dopo le sue parole e dopo molti secondi fu interrotto da una voce vicinissima, debole ma chiara , delicata e insieme decisa :

"Non ti credo !"

Si girò verso la voce e la intravide nell'oscurità, rannicchiata in un anfratto creato dalla vegetazione, seduta a terra con le ginocchia strette al petto dalle braccia e il viso seminascosto. Fece un passo lento e controllato verso di lei ...

"Vattene via, sono stanca, sei arrivato troppo tardi !!!"

"Ehm ... signorina, non sta bene, ha bisogno di aiuto ?"

"Vattene via, vattene via, cosa vuoi fare adesso ??? Perché non sei venuto prima ???"

"Ma signorina io non ..."

"Ma smettila !!! Sono un po' dei tuoi anni che ti chiamo e tu non mi ascolti !!! Non ti importa di me, del lago, della natura. Non sei quello che credevo. Vai via ! Lasciami in pace per questa ultima notte!"

Sconcertato pensò a una pazza, o a una crisi nervosa ... doveva chiamare aiuto ... prese il telefono dal taschino, vide l'ora, le dieci e cinquanta, fece per telefonare ...

"Non funziona quel coso !!!" disse lei. Aveva ragione niente campo ! Quella mattina il segnale era ottimo !

"Come fai a sapere che non funziona il telefono ?"

"Non funziona perché non voglio io !"

"Ah ! E' lei che non fa funzionare il telefono ? E come fa ? Magia ???"

"Non lo so come faccio ! Magia, alchimia , scienza ... tutte arti umane, noi abbiamo solo poteri ... non puoi capire ormai ... sei come tutti gli altri"

La ragazza ebbe un sussulto e con la mano destra si afferrò ad un ramo alzandosi di scatto. Rapido però colmò la breve distanza che li separava e la afferrò per il polso. Una scossa lo colpì, una sensazione mai provata, un contatto differente da ogni sua esperienza passata. Luci negli occhi e nella mente, un fremito nella spina dorsale. Ma non era nulla in confronto a quello che vide: il ramo afferrato dalla fanciulla iniziò a fiorire alla velocità di un filmato superaccelerato. Prima gemme, poi boccioli e infine splendidi fiori bianchi esplosero nel tempo di un respiro davanti ai suoi occhi. Con la bocca aperta per lo stupore e forse perché era l’unico modo di respirare, senza allentare la presa sul polso della fanciulla, allungò la mano verso uno dei neonati fiori, come per verificare se fossero reali.

"Ma cosa fai ! Sono gli ultimi che posso far nascere, io devo finire il mio cammino e tu vuoi distruggere anche loro ???"

 Restò attonito ma lei lo incalzò: " Niente da dire vero ? Almeno lasciami il braccio !  E chiudi la bocca Arthur"

"Come fai  a sapere il mio nome ???"

"AH AH, certo che lo so, perché tu non sai il mio ?"

"No"

"Mi chiamo Morgelyn"

Morgelyn si divincolò e uscì dall'anfratto dove si era rifugiata tentando di fuggire ma la sua corsa non era più travolgente come prima. Si infilò in una specie di corridoio naturale tra la vegetazione. Correva con le braccia allargate e tutti i cespugli e gli arbusti che sfiorava con le mani fiorivano a vista d'occhio.  Arturo si riprese e la rincorse e questa volta in pochi passi la raggiunse. La bloccò, lei non oppose esistenza ... pareva di colpo esausta.  Con questa breve corsa giunsero in una radura ben illuminata dai raggi della luna. La vide in tutta la sua prorompente bellezza, ma triste in viso e ancora con le lacrime che le scendevano sulle gote. Si rese conto solo in quel momento della veste di Morgelyn, un gioco di veli e di trasparenze completamente tempestato di gemme e fregi, il petto racchiuso in un corpetto di madreperla , le spalle ed il ventre protetti da quello che gli sembravano pezzi di armatura. Sulla testa un diadema che incredibilmente scintillava ancor più che i suoi capelli d’oro ed un favoloso gioiello le ornava la gamba sinistra. Gli occhi incredibili … profondissimi e di un colore indefinibile, sembravano essere contemporaneamente di ogni colore. Le orecchie lunghe e appuntite come nei più classici racconti fantasy o di fantascienza. Una visione che andava ben oltre la sua capacità di dare a tutto una spiegazione razionale.

"Lasciami Arthur ... non c'è niente che puoi fare ormai per me ... lasciami ... come dite voi ? Morire in pace."

“Ma signorina … perché una così giovane e bella ragazza …”

“Non sono una ragazza e tu lo sai, tu dovresti sentire nelle tue vene lo spirito dei tuoi antenati, di coloro che hanno sempre difeso quelle come me ! Sono una ninfa ! Io sono Morgelyn !”

Parlò con un tono così deciso e fermo che Arturo esitò ancora … non riusciva più a seguire il filo dei suoi stessi pensieri, quello che stava vivendo era completamente fuori dalla sua esperienza, si sentiva quasi indifeso di fronte alla bellissima fanciulla bionda. Tentò allora un approccio più amichevole:

“Ascolta … Morgelyn … io …”

Nel pronunciare per la prima volta il suo nome la voce gli si ruppe in gola e la sua mente fu travolta da una furia di immagini e suoni, luce ed oscurità, fragore e silenzio. Vide mari cristallini e creature fantastiche, vide l’armonia e subito dopo il dolore e la morte distruggere tutto. Udì suoni melodiosi ma anche grida di orrore e di battaglia, il sangue dei nemici e delle persone amate scorrere. Udì canti, storie mai raccontate ma che gli sembravano famigliari, voci, immagini di dame e cavalieri di natura selvaggia ed incontaminata. Parole. Morwen  … Morwen sta morendo … fuggire … lontano … l’acqua non porta più la vita … gli ultimi 100 anni … troppo poco tempo … troppo in fretta … la terra ed il drago … un altro Pendragon … Morgrlyn … Morgelyn …

“MORGELYN”

Lo gridò. Si trovò in ginocchio davanti a lei, la testa gli girava. Madido di sudore, con il cuore che pulsava ad un ritmo impossibile, il respiro affannato ed ansimante. Ma cosa aveva vissuto ? Ricordi ? Fantasie ? Morgelyn ... di colpo gli sembrava di conoscerla da sempre. Raccogliendo le sue energie si alzò di fronte a lei … quanto tempo era passato ??? Un minuto ? Un anno ? Uno sguardo allo smartphone … le 11,40 …

“Che cosa mi hai fatto ?”

“Niente Arthur … stai solo cominciando a capire … a ricordare”

“Ma cosa dici … un sogno, un incubo non è la realtà, solo una droga, un allucinogeno può fare …”

“No Arthur, non potrei mai … Da più di milleseicento anni io e le mie sorelle ninfe e le altre creature di Morwen lottiamo per far prosperare la natura … per dare una casa accogliente agli umani. Siete una razza forte ed indomita ma cieca verso il futuro. Noi tentiamo solo di farvi del bene. Vi abbiamo accompagnato per superare le malattie e le pestilenze, le catastrofi che a volte la natura vi riserva … anche le vostre guerre e il vostro odio reciproco. Ma non eravamo pronte ad affrontare quello che voi chiamate progresso … tecnologia. Troppo in fretta avete avvelenato la nostra casa, troppo in fretta state appestando la vostra aria … molte delle mie sorelle sono morte, come Morwen e come quasi tutte le sue creature … Io mi sono rifugiata qui … sono stata fortunata … ma stasera se tu non crederai in me morirò a mezzanotte … il mio tempo sta finendo. Un tempo era facile trovare un nobile cavaliere, un saggio che credesse in noi e ci donasse altri 100 anni di vita per riprendere il nostro compito di preservare la natura. In questo tempo l’umanità è cieca, vive bruciando in un attimo tutto lo splendore della terra … Ciechi … pazzi … avete distrutto Morwen e state distruggendo la vostra stessa stirpe, i vostri figli. Io speravo in te … per la tua discendenza nobile … perché sei una persona che ama la natura e difende i più deboli … gridavo e non mi sentivi ed ora che sei qui hai solo paura di credere in quello che provi  …”

"Morgelyn ...  è assurdo quello che stai dicendo ... ho avuto delle sensazioni forti ma la realtà, la realtà non è quello che mi stai raccontando"

"La realtà ? La realtà ? Cosa ne sapete voi umani della realtà ??? La realtà per voi è solo quello che vi fa comodo credere ! Solo pochi secoli fa credevate che anche il sole e la luna fossero magie, ora credete solo nelle vostre macchine ... non hai mai pensato che "la realtà" è un po' più complicata?"

"Ma cosa vuoi da me Morgelyn ?"

"Io volevo che tu credessi in me Arthur, somigli tanto al tuo avo che secoli fa si fidò di me ... ho bisogno di te perché se non crederai in me io a mezzanotte non sarò più ...sarò dispersa per sempre con Morwen ... Non è per me che sono triste, ma per la natura che voi state distruggendo, ora sono stanca ma se dovessi riavere tutta la mia forza, forse potrei fare qualcosa, e tu devi aiutarmi, voi umani dovete aiutarmi ..."

Guardò ancora l'ora le 11,57 ...

"Tu mi stai dicendo che se io non credo in te, morirai a mezzanotte ... tra 3 minuti ???"

"Si"

"Ma non è possibile … anche se io credessi che tu sei una ninfa, in tutto quello che ho visto, che Morwen sia davvero esistita, a cosa potrebbe servire ? Cosa potrei fare io ? Cosa cambierebbe  ???”

"Tutto sarebbe cambiato … Il mio tempo è finito Arthur ... addio ..."

"Aspetta Morgelyn ... quello che ho visto e provato stasera è incredibile ... devi farmi capire ..."

"Cerca  nel tuo cuore ... addio Arthur, sono felice di averti incontrato anche se per poco ... addio ..."

Morgelyn si allontanò da lui e si diresse direttamente nel lago fino ad immergersi sino ai fianchi si girò verso Arturo e mentre faceva un cenno con la mano ... si dissolse come acqua nell'acqua. La sua immagine appariva sfumata sulla superficie del lago.

Arturo rimase solo, unico e incredulo testimone di quello che stava vedendo, ma la sua mente pulsava, la testa sembrava esplodere ... incapace di reagire , di razionalizzare. "Possibile ?" Guardò l'ora ... 11,59 ... "quello che ho visto esiste ?"  Guardava con vero terrore l'orologio dello smartphone che andava, indifferente al turbinio di emozioni che stava provando, verso la mezzanotte ... "Io sento che c'è del vero ... ma come faccio a ..." mancavano 40 secondi a mezzanotte e l'immagine di Morgelyn sull'acqua era sempre più sbiadita. "Perché sono così sconvolto ? Sto perdendo la ragione ?" Trenta secondi "Aspetta Morgelyn !" Entrò a sua volta nel lago fino alla vita muovendo spasmodicamente le braccia nell’acqua come per afferrare l’immagine evanescente di lei. Venti secondi. “Non è possibile che accada questo … come posso credere …” Dieci secondi. “Morgelyn ! … Morgelyn !”

“MORGELYN !!!”

Mezzanotte.

L’immagine di lei era completamente sparita dallo specchio d’acqua … solo la luna si rifletteva ora. Restò un minuto almeno a fissare l’acqua calma e trasparente. Riguadagnò la riva e si lasciò cadere a terra, stremato, senza più voltarsi verso il lago. Un dolore intenso ora gli attanagliava la mente, soffriva come non gli era mai capitato prima, una pena atroce, quasi fisica, sensazioni di fuoco sul viso, di gelo nel petto, gli arti come di pietra  … Ora capiva. Ora credeva a quello che provava, ora sapeva di aver abbandonato Morgelyn … ora si rendeva conto di quello che avrebbe potuto fare … Era lì … davanti a lui, splendida e dolcissima creatura e l’ha lasciata morire … non ha saputo aprire gli occhi e la mente . Ora sapeva la verità. Lacrime amare arrivarono sino nella sua bocca socchiusa. Tristezza e angoscia che lasciavano rapidamente il posto a una tremenda ira verso se stesso … gridò :

“ … MA PERCHE’ ?”

“Arthur …”

La voce di Morgelyn lo raggiunse e contemporaneamente sentì le mani di lei che si appoggiavano sue spalle. Girandosi la ritrovò, splendida e reale, provando un sollievo ed una gioia immensa. Le prese la mani stringendole forte.

“Perdonami Arthur … non ti ho preso in giro …”

“lo so, lo so, ora capisco … credo di capire … ma non ho creduto in te prima di mezzanotte …”

“Invece si Arthur … sei arrivato così tardi da me … non potevo convincerti in così poco tempo. Allora ho cambiato i numeri del tempo sul tuo … cellulino … lo chiami così ? Guardalo !!!”

Lo guardò: erano le 11,58 …

“Scusami ancora se ti ho fatto soffrire … sapevo che col tempo avresti creduto in me … ho solo sperato che il tuo cuore si aprisse con una forte emozione … e il dolore …”

“Oppure l’amore”

Disse Arturo e stringendola la baciò. Un bacio appassionato ed interminabile. Poi si guardarono a lungo negli occhi senza parlare. Fu lui a rompere il silenzio.

“Senti Morgelyn … negli ultimi milleseicento anni è mai successo che un umano e una ninfa …”

“No mai”

La vita di Arturo Pedretti cambiò radicalmente da quel giorno. E cambiò in meglio! Continuò la sua collaborazione con le riviste scientifiche e la allargò facendo importanti indagini e denunce che portarono alla luce innumerevoli casi di inquinamento criminale e smaltimento abusivo di scorie tossiche. Contemporaneamente diede vita ad una fondazione ecologista per la creazione di oasi protette per preservare la natura dallo scempio. In pochi anni la fondazione di Arturo fece nascere cinque oasi nel nord Italia, una in Svizzera e una in Francia, nelle zone alpine. Tutte le oasi create sotto il patrocinato della fondazione di Arturo ottennero dei risultati “sorprendenti” per la velocità con cui la natura tornava al massimo splendore.

Tornando in auto al lago di Antrona, una fredda sera di febbraio, ripensava a tutti quello che aveva fatto negli ultimi anni e provava soddisfazione ed anche un pizzico di orgoglio. Ed era felice.  Parcheggiò vicino al lago, si guardò intorno con circospezione.

“Morgelyn ! Vieni !!! Non c’è nessuno in giro !!!”

Morgelyn uscì dal lago, con la solita straordinaria grazia. Vederla emergere dall’acqua completamente asciutta era una cosa che lo sorprendeva ogni volta. Impossibile abituarsi a certe cose ! Indossava un abito adatto … una veste da nobildonna medioevale. Era favolosa.

“Ciao amore … ti piace il vestito ??? “

“Sei perfetta come sempre ! Sei bellissima !”

“E la tua armatura è pronta ? E’ come l’ho disegnata io ??”

“Tranquilla … tutto a posto, l’artigiano di cui ti parlavo ha fatto un lavoro egregio … sembrerò davvero un Pendragon”

“Ma tu sei un Pendragon, Arthur … Io invece … Lady Ginevra bionda … io l’ho conosciuta e …”

“Dubito, amore,  che al carnevale di Venezia ci sia qualcun altro che ha conosciuto di persona Lady Ginevra! Dai sali in macchina !”

“Si andiamo, non vedo l’ora di esserci !!! E’ bellissimo !!! Stare insieme in mezzo a tutti quegli umani senza problemi! Mi sono divertita tantissimo lo scorso anno !!!”

“Potevi evitare di far fiorire tutte le rose davanti all’albergo data la stagione …”

“Ma non mi ha visto nessuno ! E poi piacevano a tutti !!!”

“Vabbè … dammi un bacio … partiamo e intanto ti racconto di un altro posto dove potremo stare insieme in mezzo a tanta gente. Tutti gli anni, a fine ottobre, a Lucca c’è una manifestazione bellissima dove  …”

storia di Gianluca Bia.
Grazie per la collaborazione ^_^

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Caro John,
credimi, sono il primo a comprendere il tuo sgomento quando leggerai questa mia e mi scuso per il modo particolare con cui ti arriva questa lettera: certo non potevo scriverla di mio pugno!

Si, sono io, il tuo amico Robert Shaw, quello che hai conosciuto al pub Dell'Orso Nero, davanti ad una pinta di birra. Colui che hai messo in guardia molte volte per il comportamento ... troppo americano con le donne di Londra, quello che hai nascosto nel retro delle cucine del Diogenes Club per sottrarmi alle ire di un padre furibondo ... Ti dico queste cose per dimostrarti oltre ad ogni tuo dubbio che sono veramente io.

Quando arrivai da Boston il giorno di Ognissanti, ormai due anni orsono (strano come il giorno del mio compleanno ricorra nella mia storia), Londra appariva a me, un giovane ingegnere yankee, un luogo di avventure fantastiche e allo stesso tempo adatto per il mio lavoro: studiare i nuovi metodi industriali del vecchio continente per portarli nel nuovo. E la realtà fu ancor migliore delle mie aspettative: il mio lavoro andava a gonfie vele e la mia vita privata ... beh, tu sai che, anche in tua compagnia, non mi è mancato il divertimento.

Tutto cambiò quella notte, quando la incontrai, ancora la notte di Ognissanti, ancora al pub dell'Orso Nero ... in effetti stavo cercando te. Bella, incredibilmente bella. I capelli albini, occhi e pelle come la seta più candida, seduta in un angolo, sola. Mi avvicinai a lei, stavo per presentarmi ma mi bloccai davanti al suo sguardo, profondo, intenso, affascinante e al tempo stesso inquietante. Mi guardò dritto negli occhi per un lungo, interminabile momento e disse solo "Non cercarmi" e fuggì via fuori dal pub. Tentai di seguirla ma andai a finire a sbattere sulla vecchia Bessie, ubriaca come al solito. Bessie mi afferrò per un braccio e mi bisbigliò all'orecchio "Non seguirla ... è il demonio" ... ma questo già lo sai, ne abbiamo parlato mille volte. Folgorato da lei, cercai di incontrarla, senza mai riuscirci. Solo dopo molto tempo seppi che era la vedova di un anziano e ricco signore e che raramente usciva di casa. Innamorato follemente, con la mente ed il cuore rapiti da quell'unico fugace incontro con lei, la mia vita prese la piega che tu ben sai: l'alcool, il gioco, il disinteresse per il lavoro, per le altre donne. Era diventata la mia ossessione.

Quello che non sai è quello che successe un anno dopo, ancora la notte di Ognissanti. Certo ti ricorderai che la cena a casa del tuo amico, a Baker Street, si protrasse fino a notte fonda. Un po' per l'ora un po' per smaltire cena e libagioni non chiamai una carrozza, decisi di rincasare a piedi attraverso Highfield Park.

La vidi allora John ! La vidi !!!

Con un mantello nero, incappucciata, ma era lei ! Non potevo sbagliare, era lei ! Iniziai a seguirla, prima con circospezione, poi sempre più spudoratamente. Mi aveva visto e non fuggiva. Mi avvicinavo ... e non fuggiva. L'avevo quasi raggiunta, lei sapeva che ero lì. Svoltò di colpo dietro il gazebo, vicino alla fontana. Svoltai anch'io ... non c'era più.  Mi girai di scatto ... eccola! Come comparsa dietro di me. Aveva lasciato cadere a terra il mantello, indossava un vestito come il fuoco ... e i capelli candidi sulle spalle nude ... e una rosa rossa tra i capelli … e gli occhi di ghiaccio ... Mi avvicinai, lei non si mosse. Ero vicinissimo a lei, sentivo l'ansimare del suo respiro ... potevo sfiorarle il petto ... la sua bocca fremente ...

E all'improvviso sono morto.

Anche questo lo sai Doc. John Watson, tu stesso come medico eseguisti la mia autopsia e ancora oggi sei turbato dai segni e delle condizioni del mio cadavere. Ora non ti so spiegare la mia attuale situazione, non capisco ancora bene cosa sta accadendo alla mia anima, ma devi credere in me. La vecchia Bessie può sentire certe presenze: l'ho tormentata per mesi per farle scrivere questa lettera da parte mia.

Questa volta non si tratta di una montatura come in quella avventura tua e del tuo amico, la signora Ferguson, nel Sussex se ben ricordo, assurdamente accusata di vampirismo, voi l'avete scagionata. Chi mi ha ucciso è un vampiro. Esistono. Sono reali. Questa è la mia testimonianza. Mostra questa lettera a Sherlock, fallo riflettere sulla mia morte, fa in modo che superi il suo scetticismo. Ho bisogno di voi. Digli che è vero quello che mi ha detto a casa sua, verso la fine della cena: "E' un errore capitale teorizzare prima di avere i dati. Senza accorgersene, si comincia a deformare i fatti per adattarli alle teorie, invece di adattare le teorie ai fatti". Ora avete i dati. E i fatti.

Caro John, non posso continuare, temo che la vecchia Bessie non possa sopportare oltre la mia presenza, le ho giurato che, dopo aver fatto questo per me, non la tormenterò più. Vi chiedo solo questo: tu e Holmes, i più grandi investigatori del vecchio continente, trovatela. Non è la vendetta che cerco, non giustizia ma pietà. In un solo fugace istante, prima di morire, l'ho avuta con me, l'ho percepita con chiarezza: lei non è malvagia, la sua anima è sperduta e tormentata come e più della mia. Aiutatela a trovare la sua pace. Sono certo che in questo modo aiuterete anche me a trovare la mia.

Eternamente tuo amico,

Robert G. Shaw

Storia di Gianluca Bia.
Grazie per la collaborazione ^_^

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Correva l'anno 1895 quando i miei genitori decisero di trasferirsi a Londra. Io ero giovane, ambiziosa e molto ingenua; i miei 20 anni vedevano il nostro trasloco come un'opportunità da non lasciarsi sfuggire per entrare nei saloni da ballo dell'elite vittoriana e trovare un nobile, giovane e ricco marito. Sognavo già gli abiti all'ultima moda, il lusso e lo sfarzo delle zone più IN della città, gli uomini belli e galanti, i pettegolezzi in compagnia delle altre donne nei salotti delle famiglie benestanti. Lasciammo la Norvegia in Aprile e ci imbarcammo su una bellissima nave assieme ad altri passeggeri. Tra questi, notai subito un bellissimo nobiluomo dai capelli biondi e gli occhi colore del ghiaccio che credetti dovesse avere solo qualche anno più di me. Il suo sguardo magnetico si posò su di me nello stesso istante in cui scesi dalla carrozza che ci aveva portati al porto. Un brivido mi percorse la schiena e un forte senso di disagio mi rimase addosso fino a che lui non fu costretto a distogliere quei gelidi occhi da me a causa della folla che si era radunata per salutare i propri cari in partenza. Salimmo sulla nave che ben presto salpò verso la grande isola britannica. Accomodatici nella nostra cabina, decisi di fare una passeggiata e di prendere una boccata d'aria sul ponte. Uscii all'aperto e mi appoggiai alla ringhiera, osservando il mare che si stagliava all'orizzonte. Ad un tratto iniziai a tremare, anche se la temperatura era mite. Capii che lui era lì, dietro di me, che mi fissava. Finsi di non essermi accorta della sua presenza e continuai a guardare davanti a me, ma lui si stava avvicinando, sempre di più. Ad ogni suo passo la mia inquietudine aumentava. Dovevo agire in fretta. Con uno scatto, iniziai a correre verso le zone più popolate della nave, cercando rifugio da quell'essere. Più correvo, però, più lui accelerava. Mi sentivo come una preda in trappola. Riuscii a raggiungere il salone, nel quale si era radunata una grande folla, e a mischiarmi in mezzo alle persone, facendo perdere le mie tracce. Dopo essere rimasta nascosta per un tempo che mi sembrò interminabile, decisi di tornare alla mia cabina e di rimanere al fianco dei miei genitori, dove mi sarei sentita al sicuro. Aprii la porta della stanza e quel che vidi mi scioccò nel profondo. I miei amati erano stesi sul pavimento, con i volti deformati ed inorriditi, gli occhi spalancati dal terrore, attorno a loro una pozza di sangue, il quale si riversava in schizzi scuri sulle pareti della cabina. Alzai, con il viso dilaniato dall'orrore, lo sguardo e i miei occhi incontrarono i suoi. Il suo bellissimo volto era attraversato da un ghigno di soddisfazione, la sua bocca era coperta di sangue e contratta per lasciar posto a due canini lunghi ed aguzzi. Mi stava guardando con un misto d'ammirazione, apprezzamento e soddisfazione. D'un tratto percepii cos'era: un essere non umano, figlio della notte che si ciba del sangue delle persone. Nonostante la paura che provavo, non riuscivo a muovere un passo, non riuscivo nemmeno ad urlare. Mi tese una mano e parlò.
"Vieni da me...tu sei la prescelta. Così bella....vieni tra le mie braccia...ti darò il dono dell'immortalità e starai con me in eterno"
La sua voce era così ammaliante che le mie gambe, contro la mia volontà, iniziarono a muoversi da sole, conducendomi verso il predatore che aveva massacrato i miei genitori. Posai la mia mano sulla sua e lui mi strinse in un abbraccio mortale.
"Io sono Thorment, il vampiro più potente d'Europa. Niente può uccidermi, nemmeno la luce del sole", mi sussurrò all'orecchio.
Con una mano mi prese il mento e mi spostò la testa di lato, scoprendomi il collo, con l'altra mi afferrò in una presa salda la vita, in modo che non potessi muovermi. Avvicinò con uno scatto la sua bocca alla pelle candida del mio collo e sentii quegli aguzzi canini affondare nella mia carne. Emisi un rantolo soffocato, mentre sentivo la vita defluire dal mio corpo, fino a che non persi i sensi. Mi svegliai in un'altra cabina, molto più sfarzosa della nostra. Lui era al mio fianco, tutto sorridente. Mi prese per mano e, facendomi alzare, mi condusse davanti ad un enorme specchio. L'immagine che vidi riflessa apparteneva a me! Quella che avevo davanti era una bellissima ragazza dagli occhi bianchi, la pelle pallida di porcellana e i capelli candidi come la neve. Inorridita mi divincolai con rabbia dalla sua stretta e gli ringhiai contro:
"Cosa mi hai fatto!?!"
"Ti ho fatto il regalo più grande che una povera ed indifesa umana come te potesse ricevere!"
"Stai lontano da me! Non sarò mai la tua compagna! Che tu sia dannato!"
"Che io sia dannato? Lo sono già e anche tu lo sei cherie!"
La sua risata riempì la stanza mentre io fuggivo, ancora una volta, da quell'essere. Mi nascosi nella stiva finché non raggiungemmo l'Inghilterra. Durante quei giorni, la sete si fece sentire e fui costretta a bere il sangue dei piccoli topi che si aggiravano attorno a me. Trascorsi momenti di lucidità, nel corso dei quali piangevo i miei cari e meditavo il suicidio, ed attimi di pazzia. Quest'ultimi erano i più lunghi e i più frequenti. Ben presto iniziai a dimenticarmi del mio nome, dei miei familiari e di tutto ciò che era successo prima della mia trasformazione. Rimasi da sola con la mia sete di vendetta. La nave attraccò dopo un tempo che mi parve infinito. Scesi di soppiatto e mi accorsi che, al contrario di Thorment, la luce del sole mi infastidiva e la pelle iniziava a pizzicare. Presi una carrozza per Londra. Non avevo bagagli né soldi, come avrei fatto a vivere? Giunta in città, decisi di vendere i miei preziosi gioielli, quelli che fortunatamente avevo ancora addosso. Riuscii a sganciare al banco dei pegni una somma discreta che mi permise di prendere un piccolo appartamento in affitto. A quel punto non seppi più cosa fare. Avevo bisogno di sangue...la sete iniziava a farsi sentire...la gola bruciava. Iniziai ad uscire la notte; le tenebre divennero mie alleate. Cacciavo ricchi borghesi alla ricerca di denaro e quella che sarebbe stata la mia fonte di sostentamento per l'eternità. Una sera d'inverno, mentre cercavo prede in un parco, vidi un uomo di mezza età, riccamente vestito, passeggiare per i sentieri più isolati. Era la mia occasione. I miei sensi acuti percepirono una carrozza in arrivo dal lato opposto. Preparai la scena da recitare alla perfezione. Pochi istanti prima che la carrozza raggiungesse l'uomo, mi misi a correre verso il centro della via, finsi di inciampare e finii a terra. I cavalli erano ormai a pochi passi da me. L'uomo sgranò gli occhi e corse verso di me.
"Signorina! Signorina! Si sposti! Venga via da lì!"
Mi raggiunse e, dopo avermi aiutata a rialzarmi, mi trascinò sul ciglio del viale.
"Si sente bene? E' ferita da qualche parte?"
Mi prese con dolcezza il mento e mi sollevò il viso. Quando i miei occhi incrociarono i suoi, rimase stupito, ma non orripilato come invece lo erano le mie vittime abituali. Mi trovava bella, nonostante i capelli albini e gli occhi color della neve.
"No, sto bene…mi duole solo un po' la caviglia"
Mi aiutò ad alzarmi e, sorreggendomi, mi accompagnò fino alla sua carrozza, fuori dal parco.
"Dove si trova la sua abitazione, signorina?"
"Non possiedo un alloggio. Stavo raggiungendo Londra, quando dei ladri mi hanno privata di tutti i miei averi"
"Venga con me, sarà mia ospite"
Da quel giorno la mia casa divenne Highfield Park. Il gentiluomo mi prese in moglie, permettendomi di accedere ai suoi averi. Nonostante la mia natura, al fianco di quell'uomo ero felice. Purtroppo, però, pochi anni dopo mi lasciò sola. Mi resi conto che ero stata fin troppo a Londra e che, molto probabilmente, Thorment era sulle mie tracce. Raccolsi tutta la fortuna che mio marito mi aveva lasciato e iniziai a girare l'Europa. Non rimanevo più di qualche anno nello stesso luogo. Mi rimase solo la Danimarca, dopodiché sarei andata alla ricerca del vampiro più potente del mondo. Volevo uccidere Thorment, la bestia che mi aveva portato via tutto.

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